Ne abbiamo parlato insieme ed entrambi eravamo d'accordo che fosse arrivato il momento di chiarificare il concetto su cui si è costruita la rubrica.
Nell'introdurre il #2, avevo detto che noi siamo ciò che siamo; questa, tuttavia, non è che una conseguenza del fatto che Dio si conclami essere supremo (l'Essere) dicendo a Mose: "Ego sum qui sum" ("Io sono colui che sono").
Dio è l'Io sono, Noi siamo il Noi siamo. E ne parliamo volentieri.
Qualche giorno dopo la pubblicazione di #2, parlando con Terzo, gli ho chiesto di rendere ancora più palese la paradossalità della sua rubrica: da un lato gli uomini e i loro giorni, gli uomini e le loro cose; dall'altro lato Dio che diventa figurato quando usa parole, quando si fa Verbo. Ma le parole sono umane...
Quale contorto percorso conduce al divino nei racconti di Terzo? Dai rumori dei suoi racconti come può nascere la ricerca silenziosa di ciò che è eccellente (o eccedente)?
A questi interrogativi risponde terzo di Terzo. Buona lettura.
All’inizio della Tana, quando ancora le idee erano allo stato embrionale, il mio caro amico mi chiese di partecipare lasciando qualche commento. La cosa era più difficile di quanto non sembrasse. Dopo un po’ di tentativi inutili gli chiesi lo spazio e la possibilità di inserire una mia rubrica di racconti, di corto-racconti per essere precisi: fotografie di realtà viste e sentite. La scelta del nome della rubrica è un paradosso dal momento che raccontando una storia, e quindi parlando, cerco Dio nel silenzio. Ma è anche il continuo spiegare dell’uomo, con le sue parole, il suo mondo e quindi Dio.Tutti quelli che credono, tutti quelli del mistero della fede, danno per buone che le parole dette da uomini siano quelle divine che possono ascoltare. Per me, per noi, le parole divine hanno bisogno di orecchie divine, quelle umane di orecchie umane. Se Dio è ciò che è, noi siamo quello che siamo. È giusto e comprensibile concedergli questo privilegio, in fondo Lui è colui che crea e genera, noi siamo i creati e generati, lasciati al nostro triste e potente libero arbitrio.
“Tutto il popolo percepiva i tuoni e i lampi, il suono del corno e il monte fumante. Il popolo vide, fu preso da tremore e si tenne lontano. Allora dissero a Mosè: «Parla tu a noi e noi ascolteremo, ma non ci parli Dio, altrimenti moriremo!»”. Questo sintetico brano tratto dalla Bibbia (Esodo) riesce a far comprendere bene il concetto che sta dietro il nome della mia rubrica. Ma, come dice Luca, i cattolici (e non solo!) non smettono di storcere la bocca. Per loro Dio è rivelazione proclamata, si fa Verbo e si fa conoscere. Per me non è così. Se noi fossimo davvero capaci di ascoltare le parole di Dio ci bruceremmo, ed è per questo che il popolo di Mosè crede ciecamente alle parole che costui spaccia per divine. È la paura dell’ignoto che fa credere che se Dio parlasse loro, la fine della loro vita sarebbe prossima. È il Mistero della Fede che incatena le mani e apre la bocca per parlare, parlare, sempre e ininterrottamente. Mettere la propria voce su tutto, ma non spiegare mai, non arrivare mai a risolvere quel mistero.
Dio è nel silenzio. Ed è tutta un’altra cosa, è tutto un modo di vedere diverso. Se esiste è proprio nel mio intimo che posso trovarlo. Se esiste è nel mio silenzio che posso cercarlo e trovarlo in una eco che ripete i battiti del mio cuore. Dio è nella mia vita. Sta nel mio stare in piedi di fronte alle cose del mondo, di fronte alle storie del mondo. È da questo pensiero che nasce per me il bisogno di raccontare le storie che mi sono capitate. Rendere meno ignoto quello che vivo.
Io sono Terzo. Questo è il Terzo. Da ora in poi cercherò di farvi conoscere tutti i personaggi che gravitano intorno al mio mondo. Creeremo insieme una sorta di Spoon River italiana, tendendo bene l’orecchio verso il silenzio.