sabato 6 giugno 2009

#2 (Dio è nel silenzio)

Per Terzo Dio è nel silenzio e i cattolici (ma non solo!) non smettono di storcere la bocca. Per loro, infatti, Dio è rivelazione proclamata, Dio si fa Verbo e si fa conoscere.
Io e Terzo non conosciamo le parole di Dio; così non ci resta che usare le nostre, pur sapendo che il silenzio è divino. Noi siamo ciò che siamo.
Quello che segue è il nuovo racconto che ho ricevuto da lui.




I miei occhi, simili al movimento dell’insetto, volano e si posano su tanti strani tipi di faccia. Queste, dalle più varianti fisionomiche, m’attirano come un fiore colmo d’odore.

Ci sono, in questo tubo veloce le facce accigliate, tristi, pensierose, allegre; fisse in un punto indefinito, perse nella musica che ascoltano, addolorate, sporche di bianco vernice; addormentate, preoccupate, piangenti, colloquianti, paranoiche, down, in attesa. Zigzagando di faccia in faccia, dentro quel tubo profondo sotto la terra, mi meraviglio sempre più della bellezza creata dall’insieme di esseri umani che popolano questo mondo effimero, società metropolitana destinata a subire dimagrimenti e ingrassi ad ogni fermata.

I miei occhi spingendo al di là del loro stesso raggio visivo, vanno a posarsi su un omino seduto-minuto. M’incuriosisce a tal punto dal dovermi avvicinare mettendo meglio a fuoco i particolari: manca di capelli vicino alla fronte e il resto che rimane, ai lati della testa, gli crea una buffa corona grigia. Porta degli occhiali che dallo spessore delle lenti mi fanno pensare sia miope. La schiena un poco curva gli crea una piccola gobba nel mezzo delle spalle. Le sue gambe sono sottili e gracili e terminano in due lunghi piedi. La sua forma somiglia vagamente agli stereotipi cinematografici dei geni folli. Ha due piccoli occhi ben messi alla destra e sinistra di un grosso naso che finisce ricurvo. Le sue labbra sottili non smettono di muoversi, sono frenetiche, sembrano salmodiare o recitare qualcosa.

Noto che il piccolo genio dalla carnagione chiara ha poggiati sulle gambe due quaderni, uno a righe e l’altro a quadri; mentre ripete le sue minuscole parole in un continuo movimento di labbra di tanto in tanto scrive cifre nei quadri e frasi nelle righe. Sembra stia cercando qualcosa che sta fra la matematica e la letteratura. La cosa ancora più strana è che cerca questo qualcosa in metropolitana, guardando le facce della gente deducendone numeri e riflessioni. Mentre penso a questo, in un attimo d’individualità, sento il suo sguardo fisso su di me. Mi giro e i suoi occhi bizzarri mi seguono con divertimento, le labbra sempre in movimento. D’un tratto piglia il quaderno a quadri e segna tre cifre, poi tre frasi in quello a righe, fa un ghigno e si volta verso un’altra persona.

Sbalordito e immobile penso: cazzo! non saprò mai cosa ha pensato di me.



Terzo

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