Compare Terzo mi ha mandato un racconto, lo ha fatto usando la sua casella di posta elettronica con quel nome così FRAstagliato e GRAtificante. Lo pubblico, come gli avevo promesso. Faccio anche un'altra concessione che nutre una sua richiesta: "la rubrica è dio è nel silenzio. il titolo del racconto è #1. ciao a presto".
Tutto bene, tutto molto bene. A presto.
Buona lettura.
È stato un attimo, per quello che è sembrato ad occhi esterni, il suo volto carico di stupore e il giallore che iniziò a colorargli le gote. Lui fa il cameriere in un ristorante e durante la sua pausa, dove di solito accende e finisce una sigaretta, gli capitò di pensare. Di solito in una pausa dal lavoro uno fa di tutto tranne che pensare, può scherzare con i colleghi, in questo caso pizzaiolo o cuoco, può ragionare sul dolore ai piedi e immaginare che sia colpa delle scarpe. Invece quella sera lui pensò e basta.
Il mio nome è Terzo e quella che sto iniziando a raccontare è la storia di un mio amico. Il suo nome per il momento è meglio tacerlo, lo chiamerò lui, anzi Lui. Ci conosciamo già da tre anni, ma solamente al ristorante, nel senso che ci vediamo solo quando vado a mangiare in quel posto. Non abbiamo relazioni al di fuori di quel marciapiede dove ci incontriamo sempre per fumare una sigaretta insieme. Io da cliente lui da impiegato. Sembra che il caso, per questa circostanza, ci dia sempre una mano perché ogni volta che esco dalla porta d’ingresso con la sigaretta in bocca - giro un poco la testa a sinistra, Lui è già là appoggiato alla colonna che fuma. All’inizio della nostra pseudo amicizia mi raccontava delle cose che gli capitavano al lavoro ad esempio clienti molto strani, come quello che durante un sabato sera pieno di gente iniziò ad urlare che andava spenta la televisione, spaventando anche la moglie. Del tizio grasso che in una sola sera ruppe più di sei sedie. La costante era la totale mancanza di rispetto di una persona verso un’altra. Sembrava, a sentirlo parlare, uno che stando a contatto con la gente in una occasione così preziosa, come quella di nutrirsi, potesse arrivare a notare atteggiamenti intimi ed espressioni segrete. Ad esempio quello che mentre mangiava mugugnava, o la smorfia di sorriso che veniva fra le labbra di una signora quando addentava la mozzarella di bufala fresca intera senza tagliarla a bocconi. I suoi preferiti erano le famiglie, li adocchiava fin dall’ingresso e riusciva a capire di che pasta erano fatti. Mi raccontò di una famiglia composta da quattro elementi, il padre, la madre, figlio e figlia; facendoli accomodare si accorse che i due bambini stavano giocando con due videogame portatili e andarono a finire sul carrello dei piatti, tanto erano impegnati nei loro giochi. I genitori si scusarono con Lui senza rimproverare i bambini. Una volta accomodati i due coniugi iniziarono a spulciare i menù per decidere cosa mangiare, i bambini continuavano a fregarsene e restarono incollati allo schermo del gioco. Quando Lui andò al tavolo per prendere l’ordine il padre chiese ai suoi figli cosa desiderassero mangiare, ma quelli non lo ascoltarono nemmeno. Allora scelse per loro due pizze margherita e due coca cola. Nemmeno quando arrivò la pizza posarono i loro videogame, padre e madre tagliarono la pizza ad entrambi e li esortarono a mangiare. Quelli stizziti iniziarono a piangere e a urlare perchè non dovevano disturbarli mentre giocavano e si alzarono dal tavolo andando fuori, lasciando esterrefatto Lui che guardando i genitori vide sul loro volto una faccia di profondo dispiacere. Quando finì di raccontarmi questa storia, Lui mi pose una domanda che suonava più o meno così: che tipo di rapporto potrà andarsi a delineare fra figli e genitori se già in tenera età se ne fregano gli uni degli altri?
Quella sera andai a cena con tutta la squadra di calcetto, avevamo vinto il torneo e volevamo festeggiare, avevo pure parato il rigore della vittoria ed ero molto fiero di me. Non avevo fatto caso se Lui era in sala che lavorava e dopo la pizza uscii fuori per fumare una sigaretta. Mentre superavo la soglia della porta l’istinto e il pensiero vennero insieme, girai la testa verso sinistra come al solito per cercarlo e pensai che non l’avevo visto per tutta la durata del pasto. Guardai, comunque verso sinistra, alla colonna dove era solito appoggiarsi per allungare la schiena e non lo vidi. Girai intorno alla colonna per vedere se magari si era messo in modo da non essere visto, ma non c’era. Lo cercai dall’altro lato e trovai il cuoco seduto su uno scalino che fumava con la testa fra le ginocchia. Mi avvicinai per chiedergli dov’era Lui, se magari si era preso un giorno di ferie, volevo farmi un poco superbo raccontandogli la partita, anche essere preso in giro.
Allora gli domando:
- Ehi, Sandro … ma Lui non lavora oggi?
Sandro …
Sandro continuava a fumare in quella posizione e il fumo, nel salire su, gli copriva la testa di una nube densa bianca. Non si muoveva e non parlava, mi faceva innervosire. Allora con più convinzione e serio gli chiesi:
- Oh! Allora? Che hai fatto?
Alzò la testa mostrandomi il viso in lacrime che lasciava intendere però un ghigno strano, di rabbia o isteria. Mi guardò un poco, per capire chi aveva davanti e prese a parlare:
- Vuoi sentire una storia? Tu, Lui, lo conosci, sai com’è fatto vero? Tu pensi di sapere cosa gli passava per la testa vero? Beh, ci sbagliavamo. Tutti quelli che lo conoscevano e descrivevano un giovane forte, dinamico e divertente. Era si pensieroso e ogni tanto stava per i fatti suoi, ma tutti in fondo stiamo un po’ per i fatti nostri e ci allontaniamo dagli altri. A quanto pare i suoi pensieri erano per dirla semplice, complessi. Tu sapevi che pigliava psicofarmaci a causa di un esaurimento nervoso quando era all’università? Sai che è laureato in sociologia vero? No? Si, con una tesi da 110 e lode. Lavorava già qui quando scriveva la tesi, anzi ha voluto lavorare proprio per scrivere la tesi. Mi spiegò una volta che si trattava di prendere come oggetto di studio la sala del ristorante e la gente che mangiava e studiare il comportamento che si instaura tra cliente e cameriere, quindi fra due classi diverse e trovare tutti i casi buoni da approfondire. C’erano dei clienti che serviva sempre e solo lui. Comunque ieri è venuto a lavorare in scooter e per tutta la serata non era avvenuto niente, ma assolutamente niente. Tutto tranquillo come sempre e Lui uguale ad altre serate. Alla fine, quando erano rimasti solo cinque o sei tavoli di gente e noi stavamo mangiando Lui si alza improvvisamente, ci lascia a tavola e si dirige verso fuori. Così. Quando si alzò, per andare fuori, lo guardai di sfuggita e vidi il suo volto cambiare, sembrava stesse pensando a qualcosa di molto importante da fare o un pensiero che lo preoccupava. Torna e lo fa con una pistola nella mano destra, una faccia che non è più la sua. Abbiamo avuto paura e ci siamo ammucchiati contro il grande specchio della sala superiore. Lui si ferma davanti allo specchio dove eravamo stretti l’uno all’altra, ci guarda e poi per un attimo i suoi occhi svaniscono lasciando solo un fosco nero occhio vuoto. Sembra allargare un sorriso, alza il braccio della pistola e porta questa alla testa. Dice solo una parola: Grazie ... E spara.
È stato un attimo, per quello che è sembrato ad occhi esterni, il suo volto carico di stupore e il giallore che iniziò a colorargli le gote.
Terzo