A me piacciono molto le mescolanze, le preferisco alle tinte uniche. Se le cose sono uniformi provo un fastidio perpetuo perchè manca la dialettica. Quando mangio una crostata adoro sentire la sapidità di quei pochi cristalli di sale che è bene mettere anche in un dolce. Quando accarezzo un gatto mi esalta sentirlo morbido sotto la mia mano e mi rincuora la dolcezza che scorgo nei suoi occhi che si stringono per il piacere; ma in egual misura apprezzo il momento della lontananza, quello del suo fare distaccato, e mi piace guardarlo mentre cerca un posto più comodo per riposare distante dal mio palmo che, quando lui vorrà, se anch'io vorrò, saprà catturare ancora il suo gradimento. Credo che ben poche cose siano prive di mescolanza e non è mero relativismo questo: tutto ciò che ci circonda e noi stessi esistiamo in funzione di qualcos'altro che prima o dopo, lontano o vicino, ci appartiene. Viviamo per l'altro: è, a mio parere, un fatto dato e ineluttabile. Cosa posso mai vedere, gustare, fiutare, toccare, udire che non sia visibile, gustabile, fiutabile, toccabile, udibile? Cosa mai sarebbe il bello se non ci fosse il brutto a rendere visibile l'insufficienza di un concetto autoriflettente? Un padrone non morirebbe di fame senza la fatica dei suoi operai?
Ecco come la dialettica vince. Ed ecco come mi sono accorto della tana che ho nel mio esofago, la tana dei rospi che la vita a volte ti chiede di mandare giù. Ma i rospi non si inghiottono, è solo un luogo comune credere che vadano giù dopo averli masticati. Per me è meglio cosi perchè i luoghi comuni, si sa, sono di un'unica tinta, sono terribilmente uniformi, senza nessuna piegha per sognare. Così ho scoperto che i rospi si creano un rifugio nell'esofago e da lì scendono verso l'intestino per poi risalire fino alla lingua riportando continuamente a galla le paure e le asfissie. Se ci fermassimo qui, non ci sarebbe dialettica ma solo un monotono riclico cromatico. Invece cosi non è: i rospi battono la cadenza del mio respiro, mi ricordano che sono vivo e che, quandò vorrò, se vorrò, penserò a domani.
venerdì 22 maggio 2009
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io non so se i rospi creano una loro tana all'interno dell'esofago. non so se noi siamo in grado di digerirli,invece. una cosa è reale ed è quando il rumore sotterraneo del fiato ritorna all'udito cadenzato come un leggero suono di corde. e d'un tratto siamo felici d'essere vivi, anche non capendone il motivo essenziale. non è positivismo questo ma sieropositività alla vita, l'infezione di cui siamo schiavi.
RispondiEliminalibera tana in libero esofago :-)
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